Quando ti accade di compiere gli anni sul finire dell’inverno, quando gli inverni si fanno troppo miti per essere nominati tali, quando nelle ossa adulte senti tuttavia ancora la presa del gelo sulla carne della bambina che eri, in quelle mattine in cui ti scaraventavi in cortile con il berretto di lana calato sulle orecchie e le nuvole le facevi con ogni respiro, in quel giorno… la seconda cosa che chiederesti come regalo di compleanno sarebbe aprire le imposte e trovare una lenta discesa di fiocchi di neve.
‘Quel’ risveglio si presentò così ai miei occhi. Dallo sguardo con cui mi accolse Carlo, dalla luce smorzata che avvolgeva ogni cosa, capii che il cielo giallastro, che avevo lasciato al momento di addormentarmi, si era trasformato in un serbatoio notturno di neve.
“Che ne dici, Manu? Un compleanno simile, te lo saresti mai sognato?”
Non mi attendevano le solite corse al lavoro, non avevo nemmeno la necessità di prendere l’auto, avrei potuto davvero semplicemente indossare i miei vecchi stivali e trascinare i piedi nella neve fresca.
“E che cosa vorresti, come regalo di compleanno…?”
Quella domanda, lasciata cadere sorridendo nella conversazione appena avviata, mi riscosse dalla contemplazione e quindi riportai lo sguardo su Carlo. Sorridevo anch’io, perché sapevo benissimo quale era la prima cosa che desideravo come regalo di compleanno.
“Cos’è quel sorriso? Hai già pagato l’acconto per un diamante e adesso scoprirò che devo andare a saldarlo?”
“Sai che cosa vorrei davvero come regalo? … Vorrei che potessimo portare a casa con noi, solo per qualche giorno, Skully…”
Vidi Carlo farsi pensieroso solo un istante, non certo perché non amasse anche lui quel bel cagnolone, ma forse perché non si era immaginato di dover dividere gli spazi di casa anche con quell’allegro ammasso di peli, nei pochi giorni di pausa che ci attendevano, oltre che con i due gatti.
“Dai… Al canile ne saranno felicissimi! E poi, invece di andare ogni giorno in macchina fin là per fargli fare il suo giretto, lo andremo a prendere oggi e glielo riporteremo domenica pomeriggio. A me sembra che ne valga la pena per tutti, no?”
Il ghigno sornione con il quale Carlo mi piantò gli occhi addosso mi fece capire che Skully avrebbe avuto una vera casa per i prossimi tre giorni.
Al canile ci diedero in consegna cane, guinzaglio e persino una latta di cibo. Non appena facemmo salire Skully in auto, però, decidemmo che vi era una cosa che assolutamente dovevamo fare, prima di fargli mettere piede in casa nostra: una bella toilette con i fiocchi!
Non capivo se Carlo stesse semplicemente subendo la situazione, se si fosse reso conto di non potermi negare la realizzazione di quel desiderio tanto speciale quanto ingombrante, oppure se fosse banalmente un po’ in ansia per le strade battute di neve e per la convivenza forzata tra un cane e due gatti, tra le quattro mura di casa.
Quando arrivammo in prossimità del negozio per animali – quello stesso in cui avevo avuto il colpo di fulmine per la mia Etoile, tre anni prima – Skully ed io scendemmo in corsa dall’auto, mentre Carlo si avviava brontolando alla ricerca di un parcheggio. Infangata per bene, io, e poco più del suo solito, lui, entrammo infine nel negozio. Skully fu subito preso in carico dal proprietario: “Forza, ragazzone! Dobbiamo farci un po’ belli per andare in vacanza da Manuela! Guarda che Etoile e Leo sono due gatti per bene! Non ti lascerebbero nemmeno entrare, se puzzassi così!”. Skully lo seguì con la coda bassa, senza tuttavia opporre resistenza; appariva così disorientato che arrivai persino a chiedermi se il mio desiderio di regalargli qualche giorno al caldo non fosse stato soltanto egoismo.
Lo osservai dalla vetrata, mentre la neve si allargava in una pozza grigiastra sotto le suole dei miei stivali. Si faceva massaggiare, accarezzare, insaponare; lasciava che l’acqua gli corresse sul dorso e sulle zampe senza scostarsi. “E’ un cane così buono..”, pensai.
Terminata la prima fase della toilette, Skully venne trasferito di peso nella zona dell’asciugatura. Ora era seduto, con lo sguardo immobilizzato sulle sue zampe anteriori. Nemmeno si era scrollato, mi ricordo che vi feci caso.
Ormai fissavo il cane con una certa apprensione, mentre continuavo a ripetermi che, se era vero che non avrei mai potuto cancellare dalla memoria di quell’animale tutto il suo passato, era altresì vero che io e Carlo avremmo potuto continuare ad offrirgli istanti di cura ed affetto. Portandolo a fare le sue passeggiate oppure ospitandolo per qualche giorno. Finché qualche famiglia non si fosse fatta avanti per chiederlo con sé per sempre.
La campanella del negozio suonò. Mi voltai verso la porta d’ingresso e vidi entrare Carlo. “Finalmente!”, gli dissi.
Ebbi, in quell’istante, una inspiegabile percezione, come se il tempo avesse preso a scorrere ad un ritmo tutto suo, come se ognuno dei protagonisti della scena vivesse seguendo un tempo valido solo per lui. Io ero l’unica a potermi muovere liberamente e ad osservare tutti. E allora vidi Skully sollevare lo sguardo e voltare la testa verso l’ingresso. Vidi due occhi liquidi agganciarsi alla figura di mio marito, come a dirgli: “Sei tu..”.
E vidi mio marito accogliere quello sguardo, che era di attesa esaudita, e… lo vidi iniziare a piangere. Non era il pianto inconsolabile della disperazione e nemmeno quello liberatorio della gioia insperata, era il pianto forte e virile dell’eroe. Che piange senza risparmiarsi e a viso aperto.
“Quel cane non tornerà mai più in canile, Manu.. Quel cane rimarrà con noi per sempre.”
Un compleanno simile, me lo sarei mai sognato..?
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